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Il duro sfogo di Frank Matano per la morte di Francesco Pio, il diciottenne ucciso per errore a Napoli

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Pubblicato il 24/03/2023
Di Team Digital
Il duro sfogo di Frank Matano per la morte di Francesco Pio il diciottenne ucciso per errore a Napoli


Francesco Pio Maimone era un ragazzo di 18 anni di Napoli che, come tanti altri, si stava divertendo nella movida del lungomare di Mergellina. Qui la sua vita è stata tolta da un altro ragazzo di vent’anni, che per casualità ha lo stesso nome, e la ragione sembra sia stata un semplice screzio, una rissa nella quale il diciottenne non era parte.


Francesco Pio è stato colpito da un proiettile, sparato ad altezza uomo, e non c’è stato nulla da fare. Sulla vicenda ha deciso di dire la sua Frank Matano, cresciuto nella provincia di Caserta ha raccontato la sua infanzia, segnata dalla presenza della mala vita e dai giovani che solo con la violenza sanno comunicare. Ecco la lettera sfogo che ha pubblicato su Instagram.


Frank Matano e il duro sfogo per l’uccisione di Francesco Pio


Francesco Pio ha ricevuto un proiettile che il ventenne – figlio di una famiglia criminale – avrebbe sparato contro i suoi “nemici”. Matano non ci sta e si sfoga con una lunga lettera dove si racconta a cuore aperto:


“Sono nato e cresciuto nella provincia di Caserta. Più di una volta ho assistito o vissuto in prima persona alla malevolenza gratuita di determinati ragazzi che hanno vissuto in determinate situazioni che li hanno portati ad essere in un determinato modo e questo ghirigoro inutile di parole si chiama camorra. Lo Stato ha scelto di lasciare migliaia di ragazzi a loro stessi. Educati da persone che nella vita non hanno avuto la possibilità di autodeterminarsi, questi ragazzi sono cresciuti pensando di essere invisibili, pensando che l’unica cosa che si possa possedere sia l’onore. Non c’è altro.”


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Un post condiviso da Frank Matano (@frankmatano)


“E se nessuno ti ha insegnato ad aprire la propria coscienza a te stesso, l’unico modo che hai di essere rispettato è la violenza. È una dinamica sociale fatta di potere applicato in poco meno di 20 km quadrati. Oltre il proprio paese non c’è altro. C’è un muro e ogni mattone di questo muro invalicabile è fatto di un pezzo della propria inadeguatezza. Ho fatto le superiori a Sessa Aurunca. Prendevo il pullman da Carinola fino a Sessa ogni mattina. Quasi ogni mattina cercavo di non incontrare un ragazzo che non era un camorrista ma voleva esserlo. Era amico di ‘figli di’ ma doveva dimostrare qualcosa di più al suo gruppo perché nelle sue vene scorreva sangue anonimo, insopportabile per un anonimo. Nessuno dà il giusto valore alla propria anonimia fin quando non la perde completamente, uccidendo qualcuno per esempio. La quiete di non essere nessuno turba dolorosamente i nostri cuori soprattutto in questo mondo di porno-ego.


Questo mio coetaneo aveva scelto da maturo quindicenne di imporsi sugli altri. Quando scendevo dal pullman ci fermavamo mezzoretta in villa a Sessa prima di entrare in classe (2004). Ho fatto il linguistico. I miei compagni di classe con cui era in villa prima di entrare ogni mattina erano poco meno di dieci donne. Ho vissuto il matriarcato nella mia adolescenza. Ero al linguistico. Dicevo. Stavo nel mio gruppetto, in villa. Questo ragazzo mi si avvicina e mi chiama ‘o suggettò’ che vuol dire ‘soggettone’ che vuole dire ‘tu che non ti imponi con la forza qui avrai problemi’. Non risposi alle provocazioni. Si avvicina sempre di più, siamo faccia a faccia, mi minaccia senza motivo, senza motivo, nessun motivo, zero motivi, non un motivo. Mi dà una testata secca sulla bocca. Così a caso. Senza motivo. Nessun motivo. Zero motivi. Non un motivo. Per ridere. Per fare la camorra. Era la sua personalissima fellatio ai cattivi.


Mi mortifica. Non dico niente. E mi porto il non dire niente per tutto l’anno scolastico. Mi porto il non dire niente fino a domani. Non dire niente è un altro modo di morire. Non dire niente per non morire di fronte a un bar con un vodka lemon annacquato in mano. Non reagire a una umiliazione. Non rispondere alla violenza richiede una perversa autocommiserazione e non si capisce dove finisce quella e dove inizia l’istinto di sopravvivenza. Questo messaggio è diretto ai ragazzi che vogliono imporre se stessi con la violenza. Non c’è nulla che vi fermerà. Neanche un morto. Neanche mille, di cui già non sappiamo più nulla. Fra un mese Francesco Pio sarà uno di quelli. Niente di più. E chi l’ha ucciso sarà uno di quello. Niente di più. Nessuno protagonista. Torna l’anonimia. Resta il nulla. Resta il contrario della speranza. Restano solo dei ragazzi a cui non è permesso di vivere dignitosamente. Riposa in pace Francesco Pio. Riposa in pace fratello mio campano”.


In tanti, tantissimi hanno commentato il post con cuori e parole di ringraziamento per questa condivisione.


Foto: LaPresse.


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