Morire a 69 anni si può, specie se si ha un brutto male, ma quando a farlo è il Duca Bianco qualcosa si spezza. Si spezza la storia del rock, si spezza la storia dell’arte e della musica e si spezza qualcosa anche dentro i cuori dei suoi fan.
L’alieno caduto dal cielo, Mr. Red Orb, ci ha lasciati senza preavviso, proprio quando pregustavamo un nuovo incontro, proprio quando un nuovo album apriva le porte ad una nuova fase del Duca.
Lui che ci aveva abituati a mille trasformismi e mille novità, questa volta ci ha spiazzati con l’ultima trasformazione, quella senza ritorno, quella che ci riconduce alla terra…
A questo punto vogliamo ricordarlo per quello che ci ha regalato, per la musica, i dipinti, il teatro, il cinema.. Perché qualunque cosa il dandy londinese toccasse si trasformava inevitabilmente in qualcosa di prezioso. Da bravo alchimista le sue mani trasformavano tutto in arte, con il beneplacito di coloro che hanno provato per anni a criticarlo senza mai riuscirci.
Gli Inizi
David Robert Jones, vero nome del nostro Duca Bianco, cominciò a cantare l’8 gennaio del 1947 con un primo urlo che rallegrò la giornata di mamma Margaret Mary Burns e di papà Haywood Stenton Jones. Quel grido di vita, che ci ha regalato più di 50 anni di capolavori e emozioni, era un manifesto di intenti, una prova generale per chiarire al mondo che qualcosa di buono era appena nato.
La sua vita fu colpita dalla musica come da un meteorite, specie quella americana di Fats Domino, Elvis Prestley e Little Richard.
La sua ossessione per il tempo e per le mode, la sua paura di non essere al passo e di non essere alla moda, lo hanno spinto a diventare la moda, l’esempio di ciò che arriverà, il precursore dei tempi, colui che ha influenzato gusti e generi come la new wave, il dark-gothic, il glam-rock, il punk, il neo-soul, il synth-pop e la dance.
Cinque decenni di musica rock, rigenerando continuamente il suo stile, la sua immagine, la sua musica e creando alter ego rimasti nella storia della musica come Ziggy Stardust, Halloween Jack, Nathan Adler e The Thin White Duke.
Un’infanzia segnata nel bene e nel male dal fratellastro Terry, nato da una precedente relazione della madre, malato di schizofrenia “Terry è stato l’inizio di tutto, per me, leggeva un sacco di scrittori beat e ascoltava jazzisti come John Coltrane e Eric Dolphy… mentre io frequentavo ancora la scuola, lui ogni sabato sera andava in centro a sentire il jazz in diversi locali… si faceva crescere i capelli e, a suo modo, era un ribelle… tutto questo ebbe una grossa influenza su di me”.
Confinato nel reparto psichiatrico del Cane Hill Hospital di Londra dal 1970 al 1985, anno in cui si tolse la vita gettandosi sotto un treno, Terry esercitò su Bowie una continua influenza fino ad ispirargli lavori come The Man Who Sold the World e brani come The Bewlay Brothers e Jump They Say. Per anni il Duca Bianco lottò con il terrore di lasciarsi andare alla pazzia, o che la genetica in qualche modo non gli lasciasse scampo.
La sua passione per la musica passò per uno strumento particolare, solitamente poco gettonato dai giovani, il sassofono. Per Bowie questo strumento rappresentava la Beat Generation della West Coast e per lui diventò un simbolo di libertà.
Bowie e Underwood con altri studenti iniziarono a suonare principalmente cover, ma questo era un po’ limitante per David che cominciò presto a comporre brani originali. In questo periodo Underwood discusse con Bowie per una ragazza e lo colpì con un pugno all’occhio sinistro causandogli una midriasi permanente e lasciandolo con una percezione non realistica della profondità e della luce. Dopo questo incidente venne chiamato da molti “Red Orb”.
Continuarono a suonare insieme in diversi gruppi fino a quando Bowie non si rese conto che la sua anima solista cominciava a scalpitare per trovare il posto che meritava nel mondo.
Si avvia la carriera solista
La carriera da solista fu caratterizzata da una grande produzione soprattutto nei primi 40 anni di carriera, addirittura arrivando a produrre quasi un album l’anno.
Il primo album David Bowie uscì nel 1967. L’11 luglio del 1969 era già pronto, in tempo per l’impresa dell’Apollo 11, il 45 giri Space Oddity.
L’anno si concluse con la registrazione di Ragazzo solo, ragazza sola, versione italiana di Space Oddity e dell’inedita Hole In The Ground.
Furono anni frenetici quelli, in cui passando da un amore all’altro, da una collaborazione all’altra Bowie sperimentava generi e sonorità, ma non solo. Dopo anni di prove di stili, abiti e trucchi su se stesso, Bowie cominciava ad imporre anche ai suoi gruppi un certo tipo di abbigliamento.
Cominciarono le registrazioni di The Man Who Sold the World, album molto rock, quasi hard rock.
Il 1971 partì con la pubblicazione del 45 giri Holy Holy. Si tornò in studio per completare il nuovo lavoro Hunky Dory. In questo periodo durante un viaggio negli States Bowie conobbe Warhol, Iggy Pop e Lou Reed. Hunky Dory venne pubblicato a fine 1971 e riportò Bowie verso sonorità più folk. A questo punto Red Orb era già pronto per l’album successivo e per un ulteriore cambio d’immagine e di stile.
Ziggy Stardust
Ziggy Stardust non è un extraterrestre, anche se forse il suo creatore Bowie lo era.
Ziggy Stardust è un umano che entra in contatto con un’altra dimensione attraverso la sua radio e che, scambiando i loro messaggi per rivelazioni spirituali, assume sulla Terra un ruolo messianico, mentre gli “infiniti”, creature aliene prive di passioni, lo utilizzano come tramite per una invasione che distruggerà il mondo.
“La fine arriva quando arrivano gli “infiniti”. Ziggy è consigliato in un sogno dagli “infiniti” di scrivere la venuta di un uomo delle stelle, così scrive Starman, che è la prima notizia di speranza che le persone ricevono… Nello spettacolo teatrale, uno di loro assomiglia a Brando, un altro è un newyorchese di colore”.
Il successo arrivò proprio con l’album The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars (1972), in cui era accompagnato dal gruppo The Spiders from Mars.
In questo periodo Bowie girò con uno spettacolo dalle mille meraviglie in cui si confondeva con il suo personaggio tanto da diventarlo realmente. Frotte di ragazzini lo seguivano colpiti dal glam rock e dalla libertà sessuale che l’efebico Ziggy rappresentava.
Aladdin Sane
Il successivo lavoro in studio fu l’album Aladdin Sane (1973) che balzò in vetta alla classifica britannica. L’album rappresentava l’americanizzazione del sound glam.
Con il successo arrivarono le prime difficoltà personali. Sera dopo sera recitare lo stesso ruolo rendeva impossibile a Bowie dividersi dai suoi personaggi come Ziggy Stardust, Aladdin Sane e il “Duca Bianco”.
“Ziggy non mi avrebbe abbandonato per anni. Quello fu il punto in cui tutto si spinse troppo in là […] La mia intera personalità ne risentì. Divenne molto pericoloso. Iniziai a dubitare seriamente della mia sanità mentale”.
Il periodo di Ziggy si concluse con un drammatico annuncio di “ritiro dalle scene” durante un concerto all’Hammersmith Odeon di Londra il 3 luglio 1973, all’apice del successo.
Plastic Soul
Nel 1974 Bowie si trasferì negli Stati Uniti e l’album Diamond Dogs (1974), fu figlio di due progetti: un musical mai nato basato sul romanzo apocalittico di George Orwell 1984 e le prime influenze soul e funk che iniziarono ad insinuarsi nella musica di Bowie.
Partì in tour per promuovere il disco ma l’aumento della dipendenza da cocaina gli causò molti problemi fisici: debilitazione, paranoia e crisi psicologiche.
Il nuovo album Young Americans (1975) non lo vedeva più interpretare l’eroe glam, ma lo vedeva immerso completamente nella black music americana. Il sound artificioso dell’album, che Bowie descrisse come “Plastic Soul”, rappresentò una svolta di stile radicale che gli fece inizialmente perdere il suo pubblico. Fu un album in cui abbandonò totalmente il rock in favore del funky e del soul dando vita ad una sorta di “R&B bianco”.
Il Duca Bianco e la trilogia di Berlino
Nel 1976 uscì Station to Station con la nascita di un nuovo personaggio, il “sottile Duca Bianco”, l’emblema del cantante distante, inafferrabile, con idee destrorse e la passione per l’occultismo.
In questo periodo il suo consumo di cocaina aumentò vertiginosamente causandogli non pochi problemi di salute e di paranoia e proprio in questo periodo Bowie iniziò a dipingere, producendo svariate opere post-moderniste.
Si trasferì a Berlino per ripulirsi dalle droghe e assorbire nuova linfa dal minimalismo e dalla musica ambient per produrre poi la sua “trilogia di Berlino”.
Low (1977), primo capitolo della trilogia, fu un passo avanti come compositore, cominciò infatti a produrre musica “astratta”. Il secondo capitolo Heroes (1977) incorporò anche il pop e il rock. Il capitolo finale Lodger (1979) mostrò un parziale ritorno al rock convenzionale basato su percussioni e chitarre.
Il successo, la pausa e il ritorno
Gli anni ’80 lo vedono maggiormente impegnato sul fronte cinematografico e teatrale, mentre la produzione discografica di questo decennio si concentrò su un pop raffinato che ruotava attorno ad una title track di successo.
Nel 1989 Bowie sentì il bisogno di dare una scossa alla sua carriera e scelse di immergersi nell’anonimato di una band, Tin Machine, come semplice membro. Ancora una volta, però, la natura da leader di Bowie portò presto alla fine di questa esperienza, dopo appena due album.
Nei quattro album degli anni ’90 Bowie ricominciò a sperimentare e creò un nuovo sofisticato alter ego il detective Nathan Adler.
Il 2002 vide la pubblicazione dell’album Heathen e il 2003 dell’album Reality.
A questo punto ci fu una lunga pausa, durata ben dieci anni, durante la quale Bowie non smise di cantare, ma smise di produrre inediti fino alla pubblicazione nel 2013 di The Next Day.
L’8 gennaio del 2016 è uscito Blackstar, l’ultimo album prima della morte, proprio quando sognavamo un ritorno in grande stile. Ci lascia in eredità questo magnifico album che rappresenta una sorta di saluto e di lascito.
Ossessionato dallo scorrere del tempo “Time may change me, but I can’t trace time”, ha consumato quello a sua disposizione fino all’ultima goccia.
Finalmente ci sarà vita su Marte, perché il Duca avrà scelto un luogo speciale per guardarci da lassù…