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Parreno+Lissoni, ovvero come spingere avanti i confini dell’arte

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Pubblicato il 22/12/2016
Di Team Digital
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Londra – Il tempo è un divertente paradosso: il presente, che è l’unica dimensione in cui effettivamente stiamo, è inafferrabile per definizione, mentre passato e futuro restano altrettanto indissolubilmente relegati in dimensioni di riconsiderazione e prospettiva. Tutto scorre, diceva il filosofo, e forse l’unico modo per fissare alcuni paletti è affidarsi alle arti, anche qui usando le definizioni, “contemporanee”.


Luogo perfetto per questa operazione è la Tate Modern di Londra, dove è allestita la Hyundai Commission 2016-2017 affidata all’artista francese Philippe Parreno e curata da Andrea Lissoni, uno dei più brillanti interpreti del modo in cui l’arte sta cambiando di momento in momento. “Penso che il lavoro di Philippe Parreno – ci ha detto Lissoni dentro la Turbine Hall – sia incredibilmente rilevante in questo momento nel senso che da una parte abbiamo artisti che tendono a costruire delle opere, degli oggetti e delle icone molto spettacolari, dall’altra abbiamo degli artisti che vogliono farci pensare su che cosa succede, e questa è una delle grandi funzioni dell’arte. Philippe ha un’ossessione nell’equilibrare il tutto, non vuole né spingere un edificio o un’architettura per farla diventare una ‘boite à musique”, ma nemmeno vuole per forza dire qualche cosa. Lui vuole che il pubblico costruisca delle associazioni che lui ha bene in mente. In questo credo che stia spostando veramente molto in avanti i confini”.


Confini che sono mobili, come gran parte delle strutture della mostra “Anywhen”, e che, alla fine, sembrano tracciare un vero e proprio ritratto in assenza di Parreno, capace con le sue strutture viventi, di imprimere continue svolte alla stessa idea di arte con la quale facciamo i conti a ogni mostra.


“Non ha nessun interesse a sedurre – ha aggiunto Lissoni – al contrario, le ultime due settimane di installazione della mostra hanno avuto l’ossessione di abbassare i livelli di spettacolarizzazione, che sarebbe stata evidentemente molto facile, come credo che si possa vedere, perché qui gli elementi dell’architettura si possono giocare in modo veramente spettacolare e lui li ha contenuti parecchio”.


In questa sorta di de-escalation, nella quale però la costruzione del meccanismo dell’esposizione è complessa e maniacale, si sente vibrare il modo di essere artista di Parreno. E anche il suo modo di ‘fare’ l’artista, aggiungiamo noi, pensando per esempio a come il celebre dilemma di Amleto ‘to be or not to be’ originariamente fosse inteso come un ‘to do or not to do’, cioè agire o non agire. Dentro “Anywhen” si avverte, tra le altre cose, il senso profondo di un’arte che fa e agisce in continuazione. Provando a dare un nome a questo continuo presente.


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