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La Siberia tradizionale sotto l’attacco delle aziende petrolifere

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Pubblicato il 29/03/2017
Di Team Digital
La Siberia tradizionale sotto l8217attacco delle aziende petrolifere

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Kogalym, Russia – Conquiste moderne o progressi recessivi? Gli allevatori di renne della Siberia, come già una volta i loro antenati nordamericani, si devono confrontare con una sfida drammatica che consolidate tradizioni ancestrali non hanno preparato ad affrontare. Da tempo le attività petrolifere di prospezione ed estrazione stanno riducendo il territorio su cui esercitano un’attività inevitabilmente nomade che necessita di grandi spazi. Attività oggi a rischio di estinzione.


Nel circondario degli Chanty-Mansi – mezzo milione di chilometri quadrati dalle pendici orientali degli Urali alla Siberia occidentale, pianeggianti in quanto abrasi per millenni dall’azione erosiva dei ghiacciai -, le mandrie di renne brucano diligenti i licheni nascosti sotto la neve, intorno alla capanna tradizionale di legno delle famiglie di allevatori. Ma all’orizzonte già si stagliano trivelle e oleodotti in avvicinamento. E le tensioni crescono.


“Non vogliamo campi petroliferi” spiega il 58enne Iossif Sopotchine, allevatore di etnia chanty. “È una minaccia gravissima, una questione di vita o di morte per noi perché mette in pericolo i nostri pascoli. Sono i pascoli di primavera, i soli utilizzati dalle renne per partorire. Tutte le nostre renne nascono qui”.


I Chanty temono sversamenti di greggio, bracconieri, cacciatori e pescatori di frodo, elementi che metteranno a rischio la vita delle mandrie di renne. E di conseguenza anche la loro. Sarà difficile trovare un compromesso.


Tutto il territorio trasuda petrolio, l’oro nero delle Borse, il sangue nero degli inferi per i popoli tradizionali. A sud, la Loukoil chiede agli allevatori di spostarsi più a nord. A nord, Gazprom Neft, ramo petrolifero del colosso statale Gazprom, vuole che si trasferiscano a sud…


Nessuno vuole rendersi conto che la famiglia Sopotchine, da generazioni, muove in aprile le mandrie verso il nord meno boscato, dove la neve fonde più rapidamente e dove le femmine in attesa trovano pascoli freschi.


Non è un caso isolato nella regione in cui le esigenze dell’economia collidono con fragili ecosistemi e tradizioni millenarie. In teoria, la legge assegna la priorità alle minoranze autoctone del territorio siberiano. In pratica, vengono lasciate sole ad affrontare l’invasiva prepotenza della aziende petrolifere che ottengono, aggirandole, il via libera dalle autorità centrali.


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