Roma – Tutti i sacerdoti potranno ora assolvere dal peccato di aborto, sia le madri che lo hanno compiuto, sia i medici, gli infermieri e chi sostiene l’aborto. Cambiano le norme del diritto canonico e l’apertura arriva da Papa Francesco all’indomani della chiusura del Giubileo sulla misericordia. La disposizione è contenuta nella Lettera “Misericordia et misera” presentata in Vaticano.
A spiegare la novità è monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la nuova Evangelizzazione e delegato pontificio per il Giubileo: “Ad oggi il diritto canonico prevede che il peccato di aborto sia una facoltà del vescovo della diocesi e, in alcuni momenti, il vescovo delega alcuni sacerdoti a dover assolvere questo peccato. Durante il Giubileo Papa Francesco aveva dato facoltà a tutti i sacerdoti di poter assolvere da questo peccato come segno concreto che la misericordia di Dio non conosce limiti, non conosce ostacoli. E quindi anche le persone che sono incorse in questo peccato, che il Papa ribadisce essere un peccato estremamente grave, se sono pentite non possono trovare nessun ostacolo per ottenere il perdono di Dio. La novità di questa lettera apostolica è che il Papa dà a tutti i sacerdoti, in forza del loro ministero, di assolvere il peccato di aborto”.
Con l’assoluzione, ha spiegato l’arcivescovo, viene meno la scomunica laetae sententiae in cui incorre chi “procura” aborto. “Il diritto canonico è un insieme di leggi e nel momento in cui c’è una disposizione del Papa che modifica il dettato della legge si deve necessariamente cambiare l’articolo che riguarda quella specifica condizione”.
Con queste decisione il Papa non ha paura delle critiche? “Non vedo che paura debba esserci nel dare a tutti i sacerdoti la facoltà di assolvere i peccati. È una forma attraverso la quale si indica il percorso della chiesa così come Papa Francesco la immagina sulla scia dei suoi predecessori, cioè di andare incontro a tutti. L’importante è che le persone siano pentite. L’aborto resta un peccato grave ma non c’è peccato che non può essere perdonato se c’è pentimento”.