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I film tra arte e letteratura di Ben Rivers: frammenti nel tempo

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Pubblicato il 21/04/2017
Di Team Digital
I film tra arte e letteratura di Ben Rivers frammenti nel tempo

Video News

Milano – C’è una soglia da superare, all’inizio. Ed è una soglia sonora, che accoglie il visitatore della mostra di Ben Rivers alla Triennale di Milano ancora prima di accedere allo spazio espositivo vero e proprio. Una porta che è una sorta di specchio, per citare il Paese delle Meraviglie, da attraversare per entrare nel mondo dell’artista inglese, un videomaker che ha diretto a lungo la Cinemateque di Brighton e che nei suoi film unisce frammenti e materiali eterogenei in maniera dolce e irreale. Lasciando allo spettatore il dovere, in un certo senso, di perdersi nella narrazione.


“Io – ci ha detto Rivers – sono, in un certo senso, contrario alle spiegazioni. Mi piace avere una deliberata ambiguità, che secondo me è un modo per coinvolgere lo spettatore, facendogli intuire che è lui a poter completare questa narrazione nel modo che preferisce. Perché il film è completo solo con il contributo di chi lo guarda”.


La mostra “Phantoms”, prima personale di Rivers in una istituzione italiana, presenta tre film intorno ai quali è costruito un vero e proprio percorso e ruota, come ci ha spiegato la curatrice Lucia Aspesi, intorno all’atto di collezionare.


“Tutti i film in mostra sono legati a un concetto, che è quello della collezione, la collezione istituzionale dell’Harvard Museum che ha commissionato il film all’ingresso, e l’idea di collezione privata, che va a formare la storia di ciascun individuo e che in qualche modo crea la narrazione che poi attraversa diverse tracce e diversi tempi”.


Inevitabile, con così tanti riferimenti alla narrazione, non chiedere a Ben Rivers, i cui lavori fanno pensare all’uso del frammento nell’opera di Kafka, per esempio, qual è il suo rapporto con la letteratura.


“La letteratura – ci ha risposto – è probabilmente la mia influenza più forte, più del cinema. Sono un lettore avido e penso che, in un certo senso, quello che cerco di fare con i miei film è molto vicino a ciò che fa la letteratura, sollecitando l’immaginazione dello spettatore come se fosse un lettore aprendo la possibilità di ripensare in molti modi diversi a quello che sta vedendo”.


Una libertà di interpretazione e una molteplicità di sguardi che sono il collante dei materiali raccolti da Rivers e che rappresentano anche una opportunità di nuove vie per una istituzione come la Triennale che il giovane direttore artistico sta, con discrezione e constanza, continuando a battere.


“Sicuramente – ha concluso Lucia Aspesi – è una grande scommessa da parte di Edoardo Bonaspetti e da parte della Triennale il cercare di portare attenzione su questo medium, che in qualche modo sembra quasi obsoleto, ma che di fondo è profondamente contemporaneo, perché legato a quello che è il significato del tempo e della materialità delle cose”.


La mostra di Ben Rivers resta aperta al pubblico fino al 28 maggio.


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