Roma – Faceva proselitismo, anche in modo violento, tentando di radicalizzare i compagni di cella e ha più volte detto di volersi trasferire in Siria per combattere con l’Isis: sono le accuse rivolte contro un tunisino di 32 anni, Hmidi Saber, detenuto a Rebibbia per reati minori, e destinatario di un provvedimento di custodia cautelare con l’accusa di terrorismo.
Mauro Fabozzi, capo della Squadra Mobile di Roma, nel corso di una conferenza stampa ha dichiarato:
“Per la prima volta abbiamo trovato un oggetto, un testimone, di un’appartenenza a un gruppo terroristico, quale può essere un vessillo originale che la persona deteneva in casa”.
Da una perquisizione nella sua abitazione, oltre a una trentina di cellulari e pc, bottino di vari furti, sono spuntate fuori armi, pallottole e una bandiera del gruppo salafita Ansar Al-Sharia, fiancheggiatore dell’Isis. Le analisi sui computer trovati nella sua casa, inoltre, hanno rivelato la presenza di video di combattenti dell’Isis.
Saber, in Italia dal 2011, sposato con una italiana e padre di una bambina, era stato arrestato nel 2014 con l accusa di tentato omicidio, ricettazione, porto abusivo di arma da fuoco, lesioni, violenza e resistenza a pubblico uffciale. Dopo il ritrovamento della bandiera, il monitoraggio continuo dell’uomo. In carcere minacciatva di tagliare la testa agli altri detenuti, di fede religiosa diversa o che non volevano convertirsi”.
Augusto Zaccariello, comandante del nucleo investigativo della polizia penitenziaria:
“Cercava e ha cercato ed è riuscito in alcuni casi a radicalizzare altri detenuti. Questo con l’obiettivo poi, una volta scarcerati, di farli andare nei teatri di combattimento”.
Per Fabozzi l’allerta resta massima:
“Allarmi specifici non ne abbiamo mai avuti, siamo però ben consapevoli che il nostro è un paese ad alto rischio”.