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Detenuti scrittori, con “Gabbie” la libertà grazie alla scrittura

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Pubblicato il 13/03/2017
Di Team Digital
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Roma – La scrittura come opportunità di crescita e rinascita, di riflessione e espressione, anche per chi è in carcere. E’ l’obiettivo di “Gabbie”, il libro di Mds Editore presentato alla Camera alla presenza del ministro della Giustizia Andrea Orlando, scritto dai detenuti del carcere Don Bosco di Pisa insieme a giornalisti, scrittori, filosofi e imprenditori, frutto di un laboratorio di scrittura, ideato e sostenuto dall’editore con la giornalista Antonia Casini e i curatori Michele Bulzomì, che lo ha anche illustrato, e Giovanni Vannozzi. Un laboratorio che prosegue nella casa circondariale Don Bosco di Pisa e che ha già portato alla realizzazione di un primo libro, “Favolare” e proseguirà con un terzo progetto, un romanzo.


Un’idea della giornalista Antonia Casini, una delle curatrici: “E’ nata da mia figlia, ha pensato fosse bello dare l’opportunità a chi non poteva viaggiare di farlo almeno con la mente. I detenuti possono viaggiare attraverso la scrittura, quindi essere liberi attraverso quello che scrivono”.


Al laboratorio hanno partecipato e partecipano una decina di detenuti: “Lavorare con loro è un’emozione e un grande stimolo, perché hanno molte aspettative da questi corsi, tanto tempo a disposizione e non sanno come usarlo, quindi avere un impegno e un obiettivo è fondamentale”.


I detenuti, alcuni presenti a Montecitorio, hanno dovuto riflettere sulla “gabbia” intesa non solo come momento coercitivo della propria libertà. E nella maggior parte dei loro racconti del libro, il carcere è quasi assente, o resta sullo sfondo.


Michele Bulzomì, curatore e illustratore: “Abbiamo voluto oltrepassare l’immaginario comune della gabbia e del carcere e dare a loro una possibilità di libertà e uscita da quelle che sono le gabbie quotidiane”.


Il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha sottolineato l’importanza della funzione rieducativa del carcere: “Lo stesso titolo del disegno di delega per la riforma dell’ordinamento penitenziario arreca un riferimento preciso all’effettività rieducativa della pena. Dobbiamo dunque passare alle riforme più strutturali e organiche per andare oltre al mero raggiungimento degli standard quantitativi e concentrarci sulla qualità della detenzione e sui percorsi di rieducazione e reinserimento sociale. L’esperienza dei laboratori di scrittura credo siano esperienze molto positive, che vanno incoraggiate e i risultati vanno sostenuti”.


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