Ugo Tognazzi non c’è più, e non c’è più da 25 anni.
Si sente la mancanza di questo attore che tanto ha dato al cinema italiano e che ha rappresentato per un lungo periodo il vero italiano.
Amato e corteggiato da registi importanti come Scola e Bertolucci, continua a rappresentare in maniera autentica l’italiano.
Eclettico, versatile, capace di far ridere e far piangere, nato a Cremona il 23 marzo del 1922 moriì a Roma il 27 ottobre del ’90.
Era un figlio della pianura padana. La popolarità arrivò grazie alla televisione, dove lavorava in coppia con Raimondo Vianello.
Nel ’61 è protagonista del film cult “Il federale” di Luciano Salce, mentre l’anno successivo Dino Risi lo vuole per “La marcia su Roma”.
Nel 1963 incontra Marco Ferreri che, rapito dalla sua comicità e dalla sua malinconia, lo vuole ne “La donna scimmia” e “La grande abbuffata”.
Da lì in poi la sua carriera cinematogrAafica si invola e lo vogliono tutti i più grandi: Ettore Scola ne “Il commissario pepe” (’69), Pier Paolo Pasolini in “Porcile”, Dino Buzzati in “Il fischio al naso” (’67), Pupi Avati ne “La mazurka del barone”, Bernardo Bertolucci in “La tragedia di un uomo ridicolo”.
Dagli Anni Settanta presta il suo volto per una saga popolare tutta italiana: “Amici miei” di Mario Monicelli (dal 1975 in poi) e “Il vizietto” con Edouard Molinaro (dal 1978).
Tanti film, tante storie, tanti personaggi e un unico animo che si presentava al suo pubblico in maniera del tutto genuina, con tutti i difetti di cui era capace.
Attori così non se ne fanno più, capaci di far ridere, di emozionare e di soffrire per amore fino a cosumarsi…