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Capri: un team di scienziate sub sta ripristinando la foresta di alghe andata distrutta

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Pubblicato il 09/08/2022
Di Team Digital
Capri un team di scienziate sub sta ripristinando la foresta di alghe andata distrutta


Capri, isola nel Golfo di Napoli, è famosa per i suoi faraglioni che si stagliano dall’azzurro mare al blu del cielo. Un luogo paradisiaco che ogni anno attira tantissimi turisti che ne ammirano la fauna e la flora marittima.


Ed è proprio di flora e fauna marittima che si occupano le scienziate di un team tutto femminile che si occupa di preservare questo angolo di Pianeta e la sua biodiversità. In particolare, il team formato da quattro ricercatrici dell’Università di Trieste ( le dottoresse Annalisa Falace, Sara Kaleb, Marina Srijemsi e Martina Grigoletto), sta seguendo un progetto lungo un anno il cui obiettivo è quello di ripristinare la foresta di alghe scomparsa dai Faraglioni di Capri a causa delle attività umane.


La pesca di frodo ha distrutto i fondali di Capri


La pesca di frodo dei datteri, fatta anche con martelli pneumatici distruttivi, ha ucciso la foresta di Cystoreira, un’alga bruna tipica del Mediterraneo, e insieme a questa tutti gli animali che dipendevano da questo piccolo e fragile ecosistema.


Non solo, le foreste marine, così come quelle terrestri, sono una fonte preziosa di produzione di ossigeno e di assorbimento di anidride carbonica e vanno dunque protette.


Ecco, dunque, che l’intervento delle scienziate è davvero fondamentale per ripristinare l’habitat di tantissimi pesci; muta e bombole pronte, le ricercatrici si immergono fino a 50 metri di profondità nel mare di Capri, alla ricerca di alcuni esemplari di alga sopravvissuti. Una volta individuati, ne prendono una piccola parte idonea alla riproduzione, da portare in laboratorio. Qui inizia la fase della riproduzione, attraverso il metodo ROC-POPLife, che consiste nella creazione di nuove “plantule” in acquario da ripiantare successivamente nel mare.


“Coltivare in mare”: l’innovazione


“Con la differenza che sulla Terra coltiviamo dal Neolitico, sott’acqua iniziamo ora” spiega la Dottoressa Annalisa Falace, 55 anni, docente di Algologia all’Università di Trieste e a capo del progetto alle pagine de Il Corriere. “In acqua cerchiamo le alghe in buone condizioni, ne prendiamo un pezzo con gli elementi riproduttivi, lo portiamo in laboratorio e lo replichiamo con le colture.” Continua la Dottoressa Falace “Le nuove piantine poi tornano in mare, crescono e dopo un anno diventano fertili e producono nuove piante. Risultati? Con la stessa tecnica ho ricolonizzato in tre anni un chilometro di costa nelle aree protette delle Cinque Terre e di Miramare”.


Come avrete immaginato le scienziate hanno tutte il brevetto per le immersioni: “Necessariamente, per raccogliere campioni di alghe non c’è altro modo”. aggiunge la Dottoressa Falace.


“Insieme abbiamo costruito il laboratorio di Algologia di Trieste e siamo il cuore di un team non a caso tutto femminile. Siamo idealiste. Non abbiamo le classiche ambizioni del contesto accademico, tipicamente maschile, ma il sogno di ripristinare quello che c’era per consegnare qualcosa di migliore”. Conclude Falace.


Foto: Benjamin L. Jones Unsplash


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