Con la morte di Papa Francesco, il mondo guarda al prossimo Conclave in cerca del futuro successore. Tra i nomi che emergono con forza in queste ore, c’è anche quello di Pierbattista Pizzaballa, cardinale, patriarca latino di Gerusalemme, e figura chiave del dialogo interreligioso e della presenza cristiana in Terra Santa.
Ma chi è davvero Pizzaballa, e perché è tra i papabili?
Un francescano con lo sguardo sul Medio Oriente
Nato a Cologno al Serio (Bergamo) nel 1965, Pierbattista Pizzaballa è un religioso francescano dell’Ordine dei Frati Minori, ordinato sacerdote nel 1990. Dopo studi in teologia e Sacra Scrittura a Roma e Gerusalemme, ha scelto di dedicare la sua vita alla missione in Terra Santa, diventando una delle figure ecclesiali più importanti nel contesto mediorientale.
Nel 2004 è stato nominato Custode di Terra Santa, il ruolo più importante per i francescani nella regione, che comporta la cura dei luoghi santi cristiani e il coordinamento della presenza cattolica nei territori israeliani e palestinesi.
Patriarca di Gerusalemme in tempi di guerra
Nel 2020 Papa Francesco lo ha nominato Patriarca latino di Gerusalemme, il primo italiano a ricoprire questo ruolo dopo più di un secolo. In questo incarico, Pizzaballa si è distinto per la sua capacità di mediazione tra cristiani, ebrei e musulmani, in un’area tra le più delicate e conflittuali del mondo.
La sua figura si è fatta conoscere anche a livello internazionale con interventi forti e coraggiosi durante la guerra in corso tra Israele e Hamas, condannando la violenza da entrambe le parti e invocando una pace duratura fondata sul rispetto dei diritti umani.
Un Papa di frontiera
Pierbattista Pizzaballa è considerato da molti come un “Papa delle periferie geografiche e spirituali”, perfettamente in linea con l’impostazione data da Papa Francesco. È un uomo mite ma deciso, che ha dimostrato nel tempo una straordinaria capacità pastorale, diplomatica e interreligiosa, pur restando poco legato ai giochi di potere della Curia romana.
Parla correntemente ebraico e arabo, conosce da vicino il martirio quotidiano dei cristiani in Medio Oriente e ha una visione globale della Chiesa, maturata in anni di presenza sul campo.
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