Addio a papà Giuseppe, il padre del critico d’arte, Vittorio Sgarbi e della sorella Elisabetta. Lui, farmacista che negli ultimi anni aveva esordito come scrittore (nel 2014, ‘Lungo l’argine del tempo‘) è venuto a mancare lo scorso 23 gennaio mentre il figlio Vittorio era a Mosca, invitato dall’Istituto italiano di cultura.
Memorabile fu l’intervista doppia de ‘Le iene‘ in cui padre e figlio si erano confrontati lasciandosi con quelle parole liete che appunto, un padre e un figlio dovrebbero dirsi, almeno una volta nella vita.
“Sono compiaciuto che tu sia mio padre” disse Vittorio al padre.
“Tuo padre ti ama e ti stima più di sempre” gli rispose quest’ultimo.
Addio al papà: con una poesia Vittorio Sgarbi rende omaggio al padre
Non andartene docile in quella buona notte,
i vecchi dovrebbero bruciare e delirare al serrarsi del giorno;
infuria, infuria, contro il morire della luce.
Benché i saggi conoscano alla fine che la tenebra è giusta
perché dalle loro parole non diramarono fulmini
non se ne vanno docili in quella buona notte.
I probi, con l’ultima onda, gridando quanto splendide
le loro deboli gesta danzerebbero in una verde baia,
s’infuriano, s’infuriano contro il morire della luce.
Gli impulsivi che il sole presero al volo e cantarono,
troppo tardi imparando d’averne afflitto il cammino,
non se ne vanno docili in quella buona notte.
Gli austeri, prossimi alla morte, con cieca vista accorgendosi
che occhi spenti potevano brillare come meteore e gioire,
s’infuriano, s’infuriano contro il morire della luce.
E tu, padre mio, là sulla triste altura maledicimi,
benedicimi, ora, con le tue lacrime furiose, te ne prego.
Non andartene docile in quella buona notte.
Infuriati, infuriati contro il morire della luce.