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Un libro svela la “tangentopoli nera” al tempo di Mussolini

Roma – Un libro di Mario José Cereghino e Giovanni Fasanella racconta per la prima volta, in modo organico, come la corruzione, sotto il fascismo, fosse estesa e profondamente radicata, smentendo la leggenda del regime “totalitario ma onesto”, tramandata fino agli anni Novanta dai figli o nipotini del Duce. Un libro (“Tangentopoli nera”, Sperling & Kupfer) “basato su documenti dell’archivio privato di Mussolini”, conservati a Londra, all’archivio nazionale britannico, ha spiegato Fasanella ad askanews.


“Un archivio che ha una storia particolare”, ha aggiunto Fasanella: “Sono le carte che Mussolini aveva con sé a Palazzo Venezia fino alla notte del 25 luglio 1943 e poi dopo il colpo di Stato questo immenso patrimonio che custodiva la memoria del fascismo (lettere di gerarchi, memorandum, rapporti della polizia segreta di Mussolini ed altro) subì una vera e propria diaspora”.


“Dopo la guerra, per ben due anni, i servizi segreti angloamericani cercarono e rintracciarono tutto quello che era possibile trovare dell’archivio di Mussolini disperso, lo ricomposero e fotografarono ogni singolo documento, pagina per pagina, poi le copie le portarono in America e a Londra e l’originale lo donarono al governo italiano. Solo che in Italia ci fu un vero e proprio saccheggio”.


Uno dei personaggi chiave del libro, ha raccontato Fasanella, è Roberto Farinacci, il ras di Cremona, “definito ironicamente il ‘Robespierre in camicia nera’ nei rapporti della polizia segreta di Mussolini, perché era il più intransigente, il più moralista, il custode dell’ortodossia ideologica del fascismo e della moralità del regime. In realtà da queste carte emerge un personaggio completamente diverso, Farinacci non solo era un grande ricattatore, era uno che praticava sistematicamente il dossieraggio col quale tenne in pugno per quasi un ventennio lo stesso Mussolini, ma a sua volta era un gerarca corrotto, che aveva costruito la sua rete di potere proprio grazie alla corruzione”.