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Rosa Barba, i film come esplorazioni sospese in spazio e tempo

Milano – C’è uno spazio in cui le cose accadono, e non sempre questo spazio è un luogo fisico nel senso classico. A volte accadono in una mostra d’arte e più specificamente in un film, come nel caso dell’esposizione “From Source to Poem to Rhythm to Reader” di Rosa Barba, che Roberta Tenconi ha curato per Pirelli HangarBicocca a Milano. Un viaggio attraverso diversi luoghi e diversi tempi, unificati dalla doppia valenza proprio della parola film, sia nel senso di lavoro cinematografico, sia in quello di pellicola, che l’artista di origine siciliana utilizza per vere e proprie sculture cinetiche.


“A me interessa lavorare con la materialità – ci ha spiegato Rosa Barba – anche come uno scultore, ma la mia materia sono i film e cerco di usarlo in modi diversi: ci sono lavori con il proiettore sospeso, ci sono lavori con il testo ma senza immagini proiettate… Mi interessa esplorare tutte queste possibilità”.


Le forme di questa esplorazione sono molteplici, così come la struttura espositiva dello spazio milanese, modellata dalle narrazioni di Rosa Barba attraverso una serie di lavori che insistono sul tema della luce, come ha confermato anche la curatrice. “C’è questa idea proprio della luce che costruisce un’architettura – ci ha detto Roberta Tenconi – costruisce uno spazio. Questa idea anche un po’ fisica della luce”.


All’inaugurazione della mostra è intervenuto, accanto al direttore artistico dell’Hangar Vicente Todolì, anche il vicepresidente esecutivo e ad di Pirelli Marco Tronchetti Provera, che ha parlato dello sguardo di Rosa Barba. “E’ l’occhio di una persona che vede il mondo da un angolo molto particolare e credo che questo sia il pregio della creatività dell’artista che ognuno poi valuterà con la propria sensibilità”.


Particolarmente interessante il modo in cui la mostra prende possesso, come una coreografia, dello spazio dello Shed, che si tramuta in una serie diversa di altrove, non solo geografici, ma anche temporali. “E’ tutta un’espansione nello spazio – ha aggiunto Barba – un dialogo con l’architettura e con il paesaggio fuori, qui c’è anche un’apertura e un lavoro all’esterno viene attivato dal suono del treno”.


Il mondo fuori è un altro tassello di una relazione biunivoca, che prova a catalogare la catalogazione oppure a ragionare sula fine dell’era industriale (in uno spazio postindustriale). Per approdare poi in uno di quegli ambienti che sono, pur nell’apparente assenza, veri e propri punti nodali del presente.


“Lei dice che nel deserto – ha aggiunto Roberta Tenconi – vengono svolte tantissime attività che sono fondamentali anche per la nostra società umana, ma di cui poi restano pochissime tracce, e nel suo immaginario diventa un grandissimo archivio. Il tema dell’archivio è uno dei temi ricorrenti nel lavoro di Rosa Barba e soprattutto il tema del tempo, che non è mai lineare, non è il tempo cui siamo abituati noi, infatti tutti i suoi film si collocano in un tempo che può essere tra passato e futuro e di cui non è mai chiaro in che momento stiano accadendo”.


In realtà, se mai ci fosse la necessità di dare una risposta a questa domanda, probabilmente sarebbe che “stanno sempre accadendo adesso”. Perché una volta che i film rompono la linea del tempo quello che ci resta è una grande senso di contemporaneità, nella quale, come si diceva all’inizio, succedono le cose. E succede l’arte.