Roma – Il professor Guido Fanelli, ordinario di rianimazione e anestesiologia all’Università di Parma. Uno dei massimi esperti delle terapie del dolore, e coautore della legge 36/2010. Prima di tutto, dal punto di vista clinico, chiariamo cosa è il dolore:
“Dobbiamo distinguere tra dolore acuto e dolore cronico, e quando parliamo di dolore cronico parliamo di quel tipo di dolore che dura da oltre 3 mesi da moderato a severo. In Italia di dolore cronico soffre il 26% della popolazione, ed è soprattutto il dolore osteoarticolare. Purtroppo il dolore da cancro si autolimita ed è solo il 5% di tutto il dolore cronico. Quindi quando parliamo di dolore cronico parliamo ad esempio del mal di schiena, dell’artrosi all’anca, al ginocchio. In Inghilterra si perdono 500 milioni di giornate di lavoro per il mal di schiena all’anno”.
In Parlamento si discute della Cannabis terapeutica:
“La Cannabis terapeutica ha una indicazione precisissima, cioè si inserisce laddove è presente il dolore da spasticità delle malattie neurologiche, sclerosi multipla e sclerosi laterale amiotrofica. In più è utilizzata nel dolore da cancro quando i farmaci convenzionali non funzionano. Ma la Cannabis terapeutica ha una concentrazione di efflorescenza 10 volte rispetto alla cannabis ludica. Sono consulente tecnico al ministero della Salute su questo tema, e dico che il problema della Cannabis terapeutica è che non essendo un farmaco è di fatto una pianta, quindi non è soggetta a tutte le regolamentazioni Aifa. Anche se Aifa deve essere direttamente coinvolta. Non possiamo però avere il cosiddetto bugiardino, le indicazioni terapeutiche, della cannabis, abbiamo invece le esigenze di impiego. E quello che funziona nella cannabis è l’efflorescenza, dove abbiamo la concentrazione giusta. Non c’è la pillola di cannabis, quella autorizzata dal ministero è soltanto in forma di decotto o per suffumigi, cioè nebulizzazione”.
Sul trattamento del dolore si sviluppano temi bioetici importanti. A cominciare da quello della sedazione profonda:
“E’ un tema molto soggettivo, dove ognuno ha il suo pensiero e la propria etica. Io penso, come uomo, prima che come medico, che sia molto importante garantire la dignità nel fine vita. L’uomo è essere umano perchè deve condurre un’esistenza dignitosa e deve essere dignitoso anche nell’ultimo momento della propria esistenza. Perciò ben vengano tutte quelle pratiche, soprattutto in ambito della terapia del dolore, che garantiscano questo”.
Tornando al trattamento del dolore cronico, che rapporto esiste tra gli italiani ed i farmaci antidolorifici?
“Noi abbiamo un rapporto strano, direi una italian way, anche qui. Siamo il secondo consumatore mondiale di farmaci antinfiammatori, ma siamo uno degli ultimi per gli oppioidi. L’OMS ci dice che l’utilizzo di oppioidi è indice di qualità del sistema sanitario nazionale. Siamo partiti prima della legge 38 che spendevamo 0,67 centesimi di euro per abitante, di morfina equivalente, oggi dopo la legge siamo a 1,7. Abbiamo quasi triplicato ma teniamo conto che in Germania siamo a 10 euro per abitante e in Spagna a 3 euro. Siamo ancora indietro, consumiamo troppi antinfiammatori e pochi oppioidi. Non bisogna criminalizzare i primi ma neanche avere questa oppiofobia. Nella mente dell’italiano medio quando si parla di morfina questa si associa alla morte o alla droga. Oggi i derivati dalla morfina sono molto sicuri anche dal punto di vista degli effetti collaterali”.