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Pamela Rosenkranz in Fondazione Prada: infezione dell’incertezza

Milano – Il parassita della toxoplasmosi, una montagna di sabbia che odora di feromoni di gatto sintetici e che è in grado di indurre nello spettatore reazioni di attrazione o di repulsione. Sono questi – ma si tratta di un elenco parziale – gli elementi intorno a cui ruota “Infection”, lavoro che l’artista svizzera Pamela Rosenkranz propone nella Cisterna di Fondazione Prada a Milano come secondo capitolo del progetto curatoriale “Slight Agitation”. Un intervento di grande fascino, costruito meticolosamente, ma che nei fatti genera incertezza, tanto percettiva quanto di relazione. Ne abbiamo parlato con il curatore Shumon Basar.


“Lavorando con Pamela – ci ha detto – una delle cose che abbiamo discusso, è il fatto che le distinzioni tra alcune categorie binarie, come naturale e artificiale, come attrazione e repulsione, non sono mai nette, spesso si sfumano una nell’altra… Noi pensiamo sempre che intervengano elementi culturali, ma possono essere anche biologici, genetici… E’ possibile che si tratti di cose che non possiamo controllare, che si tratti di una conseguenza di centinaia di milioni di anni di evoluzione…”


L’opera di Rosenkranz, che alla Biennale d’arte del 2015 ha proposto a Venezia una strabiliante piscina nella quale erano disciolti psicofarmaci e viagra, è visibile sia dal livello del suolo, sia dalla passerella sopraelevata, con esiti molto diversi che la rendono, diremmo citando Philippe Parreno, un “quasi-object” la cui reale natura sfugge, lasciando al proprio posto molte domande che riguardano noi stessi come pubblico, ma anche lo stesso spazio che prova ad arginare la mole del lavoro.


“Pamela – ha aggiunto Basar – ha deciso di concentrarsi sullo spazio centrale della Cisterna, ma in realtà ha colonizzato l’intero edificio, perché l’odore si diffonde nelle altre sale e noi ci imbattiamo nel lavoro prima di vederlo. E’ anche un modo per riflettere su come incontriamo e facciamo esperienza dell’arte”.


Storicamente il lavoro di Pamela Rosenkranz si riferisce ai temi della scomparsa, della debolezza e dell’assenza. Qui ci si trova invece al cospetto di uno spazio quasi del tutto pieno, ma l’assenza ritorna sotto forma di spaesamento e talvolta anche di malessere in chi reagisce negativamente agli stimoli chimici del lavoro, e in qualche modo il cerchio si chiude intorno a questa incertezza ontologica, così affascinante da diventare ipnotica.


“Per tutto il tempo che guardiamo l’opera – ha concluso Shumon Basar – le sensazioni su ciò che stiamo vedendo e di cui stiamo facendo esperienza sono molto più ambigue che certe”.


La leggera agitazione a quel punto si è diffusa su vasta scala, esattamente come fa un’infezione. (Esattamente come fa la vita).