Milano – Altro che servizi finanziari e tecnologia nucleare, le battaglie più accese dei negoziati sulla Brexit potrebbero riguardare il settore enogastronomico. Un tema su cui si riflette al Vinitaly, in corso in questi giorni a Verona, dove gli specialisti del settore sono preoccupati di rimanere ostaggio del braccio di ferro su Brexit, ma si dicono anche convinti che proprio far leva sul vino e sui prodotti di qualità potrebbe sbloccare più di un negoziato. D’altronde i numeri parlano chiaro: la Gran Bretagna nel 2016 ha importato vino proveniente dall’Unione europea per 2,6 miliardi di euro. Cesare Cecchi, presidente dell’azienda di famiglia omonima, è ottimista. “Indubbiamente l’elemento tassa è un elemento importante perché se questa aumenta molto i prezzi, i vini nostri, europei non saranno più concorrenziali rispetto ad altri tipi di vini. Onestamente sono preoccupato soprattutto per l’incertezza che regna, ma credo che poi il buon senso prevarrà; non ci dimentichiamo che la Gran Bretagna esporta in Europa due miliardi e mezzo di alcolici”.
E se il vino italiano sta vivendo un momento di grande successo in Gran Bretagna, solo le importazioni di Prosecco sono aumentate del 30%, resta il problema della concorrenza dei paesi produttori di vino non europei che stanno concludendo accordi bilaterali col Regno Unito, come Sudafrica, Australia e Nuova Zelanda.