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L’arte italiana attraverso 30 anni della galleria Mazzoleni

Torino – Gli artisti come compagni di strada. Potremmo riassumere così la filosofia del progetto espositivo scelto da Gaspare Luigi Marcone per celebrare i trent’anni di attività della galleria Mazzoleni di Torino con la mostra “1986-2016 – 30 anni d’arte 30 artisti italiani”, che resterà aperta al pubblico nella storica sede di piazza Solferino fino al 21 gennaio 2017. Un percorso che, in linea con la lucida visione del curatore, ricompone quella che è una storia d’impresa, ma soprattutto ne evidenzia l’intensità culturale e il necessario elemento di – per quanto il termine sia inflazionato dall’uso – passione.


Così ad aprire la collettiva si trovano due lavori di cento anni fa firmati da Gino Severini e da Felice Casorati, in qualche misura garanti di quanto verrà subito dopo. E quello che viene sono due movimenti storici come la Metafisica, con Savinio e De Chirico, posti però da Marcone in dialogo “in prospettiva” con un’opera di Giulio Paolini, e il Futurismo, rappresentato da un Balla del 1925, ma, anche qui, chiamato a gestire la propria eredità, sia essa rappresentata dagli omaggi di Schifano, oppure dalle ricerche sul colore di Piero Dorazio o ancora quelle spaziali di Lucio Fontana. In galleria trovano spazio anche opere scultoree, con Pomodoro, Bonalumi e Melotti, poi, al primo piano della galleria Mazzoleni, si fanno i conti con la modernità più vicina a noi, che potrebbe essere rappresentata, nella prima sala, dalla chiarezza minimale di un Gianfranco Zappettini oppure dal neon tricolore di Salvo.


Spazio poi a veri capolavori, come il “Bianco CN 4” di Alberto Burri del 1966, in qualche modo una possibile sintesi di tutto il percorso dell’artista, oppure a una icona del concettuale come la “Uovo scultura” di Piero Manzoni, uno dei grandi cui i Mazzoleni hanno legato la propria storia, come dimostra la recente mostra nella sede londinese della galleria, dedicata a Linee e Achrome. Accanto a loro una terracotta di Fontana, un Italo Calvino di Michelangelo Pistoletto e ancora due grandi lavori polimaterici di Roberto Crippao e un dipinto nucleare di Enrico Baj, anche questo un nome ricorrente nei tre decenni di attività di Mazzoleni.


Insomma, anche se non si può dire – pena suscitare una pletora di francamente noiose polemiche – il percorso immaginato da Gaspare Luigi Marcone può anche essere letto come una piccola storia dell’arte moderna italiana. Vista ovviamente da una prospettiva che resta parziale, particolare e senza pretese di esaustività. Ma in ogni caso, a nostro modestissimo avviso, è di questo che si ragiona, e la mostra brilla dunque anche per il suo essere così viva.