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La protesta dell’ANM: “Il governo non può scegliere i giudici”

Roma – La decisione dell’Anm di non partecipare alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario in cassazione “è stata una scelta sofferta e simbolica ma, non deve essere letta come uno sgarbo istituzionale, ma come la ferma risposta agli impegni politici non mantenuti e la manifestazione del dissenso verso un intervento normativo che ci preoccupa”. Così il segretario generale dell’associazione sindacale delle toghe, Francesco Minisci per spiegare le ragioni della protesta del 26 gennaio.


Con questa scelta l’Anm non vuole “riaffermare il principio di indipendenza della magistratura, a difesa del quale profondo remo tutte le nostre energie, principio che riteniamo essere stato minato da un decreto legge incostituzionale, discriminatorio ed inopportuno”, ha proseguito Minisci riferendosi al decreto legge “discriminatorio” con cui il governo ha trattenuto in servizio solo pochi magistrati.


“Il governo pensa di poter decidere chi deve fare il giudice ma questo non è consentito: i governi non possono scegliere i giudici” ha detto il presidente dell’Anm, Piercamillo Davigo.Secondo l’Anm il governo con un decreto legge del 2014 ha mandato in pensione 450 magistrati, con un decreto del 2015 ne ha trattenuti in servizio 200 e con uno nel 2016 ne ha trattenuti in servizio 18.


La questione insistono i magistrati è collegata all’indipendenza della magistratura. “Non si può governare un paese con gli slogan. Tra il bandire un concorso e l’entrata in servizio del primo magistrato che ha partecipato a quel concorso passano quattro anni. Allora non si può mandare a casa da un giorno all’altro 450 persone e dire largo ai giovani, perché i giovani arriveranno quattro anni dopo” ha detto Davigo.