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Il corpo di Dennis Oppenheim: un libro sulle sue performance

Milano – Un libro per rileggere il lavoro di un artista importante, colto in uno dei suoi periodi cruciali. “Dennis Oppenheim: Body to Performance 1969-1973”, scritto da Nick Kaye con Amy van Winkle Oppenheim ed edito da Skira, è stato presentato a Milano nella Galleria Fumagalli, che ha lavorato con l’artista americano negli ultimi anni della sua vita. E la gallerista Annamaria Maggi ha ricordato gli incontri e i colloqui avuti con Oppenheim.


“C’è un aneddoto in particolare – ci ha detto – che mi piace sempre raccontare. Lui diceva che, a differenza di altri artisti che hanno fatto la Body art o l’arte concettuale o la Land art, anche nel mio lavoro c’è una componente dolorosa e di violenza, ma è molto molto piccola, io non sono di certo Chris Burden che si è fatto sparare o Marina Abramovic che è molto più violenta”.


Per fare rivivere la stagione delle performance di Oppenheim, durante la presentazione del saggio sono stati anche proiettati alcuni video delle sue azioni più celebri. Nelle quali l’artista ha fatto convogliare le suggestioni del concettuale, traducendole però in una dimensione “reale”, rappresentata proprio dal suo stesso corpo. Per questo la storica dell’arte Angela Madesani sottolinea il modo in cui il libro mette in relazione il lavoro di Dennis Oppenheim con quello di altri artisti.


“Forse quello a cui lui è più vicino – ci ha spiegato – e questo libro lo sottolinea e ce lo fa comprendere, è Vito Acconci, questo lavoro proprio sul personale e su se stessi, che diventa anche un lavoro molto duro in certi casi, che non ci risparmia nulla. E’ un libro che ci voleva e che sarà utile”.


La serata dedicata a Oppenheim solleva anche un altro tema non secondario nel mondo dell’arte, ossia come si combini il lavoro dei galleristi con l’opera di artisti che non producono “oggetti”, ma per Annamaria Maggi questo non è un problema.


“La nostra galleria – ha concluso – ha sempre puntato a un aspetto e un tipo di lavoro e di progettualità molto culturale. Non immediatamente, ma a lungo termine sì, paga molto”.