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I tesori della Biblioteca Vaticana diventano accessibili a tutti

Roma – Un tesoro da conservare, un patrimonio di testimonianze storiche che spaziano dalla letteratura, alle arti, alla filosofia, alla medicina, alla teologia. La Biblioteca Vaticana, fondata da Niccolò V nel 1451, nacque con l’intento di essere una biblioteca universale, di impostazione umanistica. Da alcuni anni, grazie all’associazione Digita Vaticana Onlus, i suoi tesori vengono anche digitalizzati allo scopo di valorizzarI e conservarli.


Mons. Cesare Pasini, Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana: “Digitalizzare l’archivio della Biblioteca Vaticana significa avere davanti 80mila manoscritti e domandarsi quanto ci vuole a digitalizzarli tutti, poi si inizia e, passo dopo passo, ne abbiamo già digitalizzati 8-9.000 e sul web ce ne sono già oltre 6.000”.


Qui sono conservati oltre 80mila manoscritti, il più antico è un papiro del 180-200 con alcune parti dei Vangeli di Luca e Giovanni. Ce ne sono di preziosi, come il “Canzoniere” di Petrarca o le illustrazioni de la “Divina Commedia” di Sandro Botticelli o la mappa del mondo contenuta nella “Geographia” di Tolomeo del 1470, grazie a questo progetto si possono consultare ovunque, da pc, tablet, smartphone attraverso il sito digi.vatlib.it.


Ma il processo di digitalizzazione viaggia di pari passo con il restauro vero e proprio. Angela Nunez Gaitan, responsabile del Laboratorio di restauro della Biblioteca Vaticana. “Ogni libro che deve andare in digitalizzazione prima passa nel nostro laboratorio dove controlliamo lo stato di conservazione, facciamo piccoli interventi di restauro che rendono sicura la digitalizzazione e quando ritornano controlliamo che non abbiano subito danni”.


Digitalizzare per rendere più accessibile il patrimonio, gratuitamente, ma anche per conservare meglio questo materiale prezioso. “Serve anche alla conservazione del volume perché sono molto antichi, alcuni hanno anche 1.200 anni, il libro va toccato e tenuto tra le mani, e con la digitalizzazione non vogliamo escludere il toccare l’originale, ma possiamo ridurre le consultazioni direttamente sull’originale”.


Nel laboratorio di restauro passano circa 100 manoscritti a settimana, di cui una cinquantina vengono digitalizzati. La prima fase è il passaggio nel Laboratorio fotografico, che usa strumenti con tecnologia avanzata.


La Dott.ssa Schuler Irmgard, a capo del Laboratorio. “Usiamo scanner e torsi digitali di ultimissima generazione, lavoriamo ad altissima risoluzione, qualità e resa cromatica”. “Cerchiamo di recuperare contenuti che non sono più leggibili a occhio nudo, significa lavorare con tecniche particolari come l’ultravioletto e l’infrarosso per dare nuovamente accesso a questi contenuti”.


Per la conservazione digitale si utilizza il formato Fits, creato dalla Nasa per memorizzare immagini e dati di astronomia e astrofisica. “Per la conservazione a lungo termine dei file-master le immagini vengono convertite nel formato Fits che viene usato per adesso in astrofisica e medicina nucleare, ma è stato studiato dal comitato che cura lo standard Fits a livello internazionale con gli esperti della Biblioteca, perché possa contenere immagini di beni librari”.