Roma – Le prospettive del settore aerospaziale italiano e il ruolo che il Cluster Tecnologico Nazionale Aerospazio (CTNA) – di cui fanno parte tutti gli attori del comparto: distretti tecnologici regionali, gruppi industriali e Pmi, centri di ricerca, università – è chiamato a svolgere come centro di raccordo e coordinamento dei diversi soggetti per far sì che l’Italia possa competere con più forza a livello internazionale. Di questo askanews ha parlato con Marcello Onofri, professore di Propulsione Aerospaziale presso la Sapienza di Roma e, dallo scorso aprile, presidente del CTNA, eletto all’unanimità da tutti i cluster regionali che vi aderiscono. Il Cluster nazionale è nato nel 2012, ma in questi suoi primi 4 anni di vita non ha fatto molto.
“Poco è successo in Italia”, chiarisce Marcello Onofri. “Dobbiamo ricordare che questa non è un’iniziativa caduta dal cielo, ma sta andando avanti in quasi tutti i Paesi ad alta tecnologia. La ragione è stata essenzialmente una non preparazione delle norme che hanno accompagnato l’emanazione dei primi bandi. I primi bandi – spiega il presidente del Cluster – hanno coperto un rilevante quantitativo di finanziamenti, oltre 350 milioni di euro assegnati ai vari cluster nazionali, non certo solo all’aerospazio, per partire. Però le regole con cui questi cluster dovevano funzionare erano mal pensate o pensate in maniera frettolosa”.
Il Programma nazionale della Ricerca da poco approvato, però, punta ancora sui cluster. Qualcosa dunque è cambiato.
“Assolutamente sì, la percezione che noi abbiamo è che, forti degli errori del passato, si possa fare qualcosa che effettivamente funzioni”.
“Ovviamente c’è molto lavoro da fare. Però non partiamo da zero”. “Nel momento in cui abbiamo cominciato a incontrarci – dice Onofri – si sono sviluppate moltissime elaborazioni. Molte riguardano la parte Spazio ma anche la parte Aeronautica ha un grosso peso, anche perché il settore aeronautico ha una dimensione maggiore di quello dello spazio, coinvolge molte Pmi”.
“Quelle da cui siamo partiti sono basi solide: le piattaforme per la parte Spazio e quelle per la parte Aeronautica hanno elaborato in questi anni moltissime iniziative”.
Negli anni l’Italia ha conquistato un posto di rilievo nel settore aerospaziale, tra i primi Paesi in Europa, grazie alla presenza di gruppi come Finmeccanica-Leonardo e alle specializzazioni di tante Pmi. A quali settori occorre puntare non solo per non perdere la posizione raggiunta, ma per consolidarla e andare avanti?
“Sicuramente nei settori ad alta tecnologia – avverte Onofri – non c’è possibilità di consolidamento tranquillo”.
“Noi dobbiamo seguire i piani strategici più importanti. Noi, in particolare per la parte Spazio, abbiamo delle attività industriali di altissimo livello, riconosciute in ambito internazionale nel settore satellitare e in quello delle applicazioni dei dati satellitari. Abbiamo una enorme esperienza sui satelliti che utilizzano tecnologia radar e sui satelliti che utilizzano il mezzo ottico per l’Osservazione della Terra. Questi saranno il futuro”.
Anche nel settore della propulsione l’Italia gode di un prestigio internazionale. Si tratta di un settore che fa gola a molti, è lecito avere qualche timore per le nostre eccellenze.
“L’Italia, in particolare l’azienda Avio – ricorda Onofri – ha costruito un gioiello che si chiama Vega. Ovviamente questa posizione va difesa, allargando le capacità di questo lanciatore, quindi lavorando su un tipo di propulsione che sia in grado di concorrere a livello internazionale. Se pensiamo a questo, pensiamo a un’attività di sviluppo dei sistemi propulsivi rispetto a quelli già ampiamente utilizzati che va soprattutto verso le tecnologie per l’utilizzo del metano. E questi attualmente sono settori in cui la nostra industria e la nostra ricerca stanno dando un altissimo contributo. Siamo i soli – sottolinea Onofri – ad aver testato un motore a metano un anno fa. Quindi siamo assolutamente concorrenziali anche rispetto ai nostri partner europei. Partner che, chiaramente, giocano la loro partita. Quindi bisogna rafforzare la struttura industriale italiana, perché Avio è una media industria, non ha la forza industriale di una Airbus. Noi come Paese dobbiamo riuscire a darle le gambe per correre questa partita”.
“Si tratta – conclude il presidente del CTNA – di avere le spalle forti e chiaramente non può essere un’operazione che viene solo dall’interno. Ci deve essere un impegno del governo che peraltro c’è, è evidente”.