Milano – A fare la differenza è questo asterisco, riprodotto anche sulle spille dei custodi della Pinacoteca di Brera. Un modo per sottolineare che questa Giuditta che decapita Oloferne, trovata nel 2014 in una soffitta a Tolosa, è sì attribuita da alcuni studiosi a Caravaggio, ma questo “non riflette necessariamente la posizione ufficiale né della Pinacoteca” né dei dei suoi dirigenti.
Un’avvertanza indispensabile visto che i proprietari dell’opera hanno posto come condizione per il prestito l’attribuzione della tela al maestro lombardo, ma che non è bastata a salvare dalle critiche il direttore della Pinacoteca e della Braidense, James Bradburne, che si difende così: “La missione di un museo è di creare le condizioni per la ricerca, per creare nuova conoscenza, in pubblico, trasparentemente, e lo stiamo facendo”.
Il risultrato è un “dialogo” con La Cena in Emmaus del Caravaggio, una delle opere più celebri del museo milanese, ma anche con una Giuditta di Louis Finson, pittore e mercante d’arte fiammingo, sicura copia di un dipinto di Caravaggio.
Un confronto che evidenzia l’indubbia qualità della tela francese, come evidenzia Nicola Spinosa, curatore della mostra e principale sostenitore dell’attribuzione al maestro lombardo. “Qui, anche attraverso un’esecuzione molto rapida, il quadro e le figure hanno vigore, plasticità, concretezza. Nella copia tutto è schiacciato, più sciatto, più piatto. Chi ha occhio lo vede, chi non ha occhio non vede, ovviamente”.
La tela di Tolosa, che resterà a Brera fino al 5 febbraio 2017, è di proprietà di un privato, ma il ministero della Cultura francese ha due anni e mezzo di tempo per comprarla esercitando un diritto di prelazione. In caso contrario andrà sul mercato e oggi il quadro è assicurato per una cifra superiore a 100 milioni di euro.