Dall’Australia arriva la pellicola che riporta l’horror alle sue origini.
Il merito è della regista Jennifer Kent, che riesce a giocare perfettamente con le paure più antiche della nostra mente, senza mai diventare splatter.
Il buio, un libro per bambini e una casa sono gli elementi di questa storia, semplice ma avvincente.
“Babadook”, il film arrivato il 15 luglio nelle sale italiane dall’Australia, crea quella tensione che incastra lo spettatore in un crescendo di paura.
Si tratta di un thriller psicologico e Jennifer Kent ne ha messo a punto la sceneggiatura prendendo spunto dal proprio cortometraggio horror, il premiato “Monster”.
La storia è quella di Amelia (Essie Davis), che a sei anni dalla la morte violenta del marito non riesce a superare il lutto. Lotta per dare un’educazione al figlio ribelle di 6 anni, Samuel (Noah Wiseman), un figlio che non riesce proprio ad amare. I sogni di Samuel sono tormentati da un mostro che crede sia venuto per ucciderli entrambi. Quando l’inquietante libro di fiabe “Babadook” arriva in casa, Samuel è convinto che il Babadook sia la creatura che ha sempre sognato. Le sue allucinazioni diventano incontrollabili e il bambino sempre più imprevedibile e violento. Amelia, seriamente spaventata dal comportamento del figlio, è costretta a fargli assumere dei farmaci. Ma quando Amelia comincia a percepire una presenza sinistra intorno a lei, inizia a insinuarsi nella sua mente il dubbio che la creatura su cui Samuel l’ha messa in guardia possa essere reale.
E’ un film in cui è fortemente evidente la mano femminile di chi lo ha pensato e diretto, si mette in discussione, infatti, l’amore materno.
“Mi affascina molto ciò che succede alle persone quando reprimono i propri sentimenti, specialmente la sofferenza – spiega la regista -. Amelia, la protagonista del film, assiste alla perdita violenta e atroce del marito, l’amore della sua vita, in un terribile incidente d’auto, mentre la coppia si sta recando in ospedale per dare alla luce il loro primo figlio. Il film inizia quasi sette anni dopo quel terribile giorno. Amelia non riesce ad amare suo figlio poiché non è stata in grado di affrontare il dolore per ciò che è successo. La repressione del dolore sviluppa una tale energia da dilaniare Amelia, perseguitarla, scatenando in lei una forza distruttiva incontrollabile”