Avete mai sentito parlare di torri solari? No, non sono come i pannelli solari, ma si tratta di un altro modo di sfruttare il sole. Le torri solari a concentrazione si chiamano così proprio per la capacità di rivolgere la luce solare in un unico punto. Ogni singola torre è dotata di specchi che riflettono i raggi solari verso il punto designato, dove particolari sali fusi accumuleranno il calore proveniente dalla luce del sole, lo stesso calore che poi verrà utilizzato per la produzione di energia.
Le attuali torri in funzionamento, però, usano il silicio nero, un materiale che assorbe circa il 95% della luce. Per cercare di ottimizzare questo processo, la ricerca sta studiando nuovi materiali che possano rendere più efficiente l’utilizzo delle torri. Finora l’unica alternativa erano i nanotubi di carbonio, che arrivano fino al 99%, ma non rendono perfettamente in ambienti umidi e a temperature elevate.
La ricerca per torri solari più efficienti
Ora, finalmente, un materiale che potrebbe fornire una soluzione a questi problemi. Si chiama nanoneedles ed è formato da minuscoli aghi metallici in rame e cobalto. È stato scoperto da un team dell’Università dei Paesi Baschi ed è in grado di trattenere fino al 99,5% della luce solare, rimanendo stabile anche a 700°C.
Questo nuovo materiale è stato scoperto nel laboratorio del gruppo Thermophysical Properties of Materials dell’EHU, guidato da Iñigo González de Arrieta. La vera rivoluzione è stata possibile grazie a un sottile rivestimento in ossido di zinco, che ne migliora la resistenza e l’assorbimento. Sono materiali pensati per catturare e trattenere calore, non solo per riflettere o convertire luce. Una differenza enorme, come ci racconta González de Arrieta:
“Più riusciamo a migliorare l’assorbimento, più le torri solari diventano competitive rispetto alle altre fonti di energia.”
Naturalmente, per poterlo utilizzare in tutte le torri solari attualmente esistenti, dovremo ancora aspettare che si raggiunga una produzione su larga scala. Ma l’Università dei Paesi Baschi si è già mossa in questa direzione, dando origine a un progetto in collaborazione con il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti e il gruppo del professor Renkun Chen dell’Università della California di San Diego.
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