La foca monaca, simbolo fragile del Mediterraneo e tra i mammiferi marini più minacciati al mondo, sta tornando a far parlare di sé lungo le nostre coste. Dopo gli avvistamenti estivi tra Argentario e Isola del Giglio, che avevano spinto anche Ispra a ricordare ai cittadini come comportarsi, oggi a emergere è un quadro molto più significativo: la specie potrebbe aver ripreso a riprodursi nei mari italiani.
Foca monaca: nuovi indizi confermano la possibile riproduzione in Italia
L’indicazione arriva dal progetto triennale avviato nel 2023 da Fondazione Acquario di Genova Onlus insieme all’Università di Milano-Bicocca e al Gruppo Foca Monaca Aps. Una rete di oltre 40 enti, tra cui Wwf Italia, aree marine protette, centri sub e istituti scientifici, ha raccolto dati in modo capillare grazie al supporto di 180 partecipanti, tra cui 80 cittadini formati sul monitoraggio.
Le analisi del Dna ambientale hanno confermato la presenza della specie in 105 campioni, pari al 36% del totale. A queste si aggiungono 64 segnalazioni fotografiche, 55 delle quali validate. Ed è qui che arriva il dato più rilevante: un cucciolo trovato morto in Calabria nel 2023, lungo circa 90 cm, e gli avvistamenti di più individui nel Golfo di Napoli nel 2025 suggeriscono che la riproduzione possa essere tornata a verificarsi in Italia, ribaltando anni di dati che la indicavano come estinta a livello riproduttivo nel Paese.
Le aree più promettenti individuate dallo studio includono l’Arcipelago Toscano, la Sardegna nord-orientale, il Mare Adriatico e le Baleari, con segnali anche nel Mar Ligure e nelle coste francesi e spagnole. Un’espansione dell’habitat più ampia e occidentale rispetto a quanto si conosceva finora.
Intanto prende forma Sealife, il progetto Interreg Greece-Italy 2021/2027, guidato dal Parco naturale regionale Costa Otranto–Santa Maria di Leuca e Bosco di Tricase, con il supporto di Ciheam Bari e partner italiani e greci. Obiettivo: riportare stabilmente la foca monaca lungo il Sud Italia, affrontando minacce come inquinamento, pressione antropica e degrado delle grotte marine. Con un budget di 1,2 milioni di euro, l’iniziativa punta a ricostruire un habitat che un tempo vedeva la specie abituale anche nel Salento.
Un segnale, finalmente, che il Mediterraneo potrebbe tornare a essere casa per uno dei suoi abitanti più rari.
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