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Addio a Buckingham Palace: perché la regina Elisabetta si trasferisce a Windsor?


Grandi cambiamenti per la monarchia britannica: la regina Elisabetta ha deciso di abbandonare Buckingham Palace, la storica residenza che dal 1837 ospita i sovrani britannici, per trasferirsi stabilmente nel castello di Windsor


Sul Palazzo, rinominato anche la “fortezza” dei reali, non ci sarà più lo stendardo reale, segno della presenza in sede della sovrana, ma soltanto l’Union Jack, ovvero la bandiera britannica. 


La decisione arriva in un momento importante per la Sovrana, l’anno delle celebrazioni del Giubileo di Platino, ovvero i 70 anni di regno, e chiude di fatto un’epoca. Si dice che la regina Elisabetta non avesse mai davvero amato Buckingham Palace, con le sue 775 camere, 19 di stato, 52 camere da letto per reali e ospiti, 188 per lo staff, 92 uffici e 78 bagni; a convincerla sull’importanza simbolica del luogo fu Winston Churchill, ma la regina ha sempre cercato di fuggire preferendo altre residenze.



È anche vero che la pandemia e la morte del caro marito, il Principe Filippo, hanno accelerato una decisione che sembrava anche scontata: i media riportano che la regina abbia trascorso l’ultima notte a Buckingham Palace ormai due anni fa, nel marzo 2020, prima del lockdown. Poi è stata nel castello di Windsor, dove ha vissuto l’ultimo periodo accanto al marito, quindi è chiaro che quel castello, ormai, abbia un grandissimo valore affettivo per lei. 


Considerando poi che, alla soglia dei 96 anni, Elisabetta condurrà sempre più impegni in maniera virtuale, come ha fatto nelle ultime settimane a causa del Covid, la scelta di Windsor come residenza appare a tutti più che naturale. Buckingham Palace tornerà però a essere al centro della scena il prossimo giugno, in occasione delle celebrazioni del Giubileo di Platino. 



Poi, probabilmente, potrebbe diventare un gigantesco museo, perché difficilmente tornerà a essere la residenza principale dei sovrani: sia il principe Carlo sia il figlio William non lo amano particolarmente. 


Immagine di copertina: LaPresse