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L’infanzia di Matteo Berrettini: “Da bambino credevo di essere scarso a tennis”

È entrato nella storia del tennis diventando il primo italiano ad arrivare in finale a Wimbledom. Dopo aver affrontato il numero uno del mondo Novak Djokovic, Matteo Berrettini ha ricevuto i complimenti e gli elogi da molte delle testate più prestigiose. Come ha detto lui stesso, con la sicurezza che solo i veri campioni sanno di avere, questa sconfitta non è stata altro che l’inizio della sua carriera. E pensare che, da piccolo, non era nemmeno certo di essere bravo a giocare.


“Ero un bambino che a tennis pensava di essere scarso” – ha detto intervistato dal Corriere“Ci ho messo un po’ ad appassionarmi: mio fratello Jacopo è stato decisivo. Siamo molto uniti: non a caso porto tatuata la sua data di nascita”.


Il tennista ha confidato di aver preso consapevolezza delle sue capacità solo pochi anni fa. “Nel 2016, a vent’anni, quando ho raggiunto la prima finale Challenger in Puglia, mi sono detto che forse, per vivere, potevo fare il tennista” – ha continuato Berrettini – “Ma ho iniziato a crederci sul serio nel 2019, con la semifinale contro Nadal all’Open Usa. A New York ho capito che a un certo livello ci potevo stare, però da quel punto in poi andava creata una continuità di rendimento”.


Nell’intervista ha voluto dedicare anche un pensiero alla fidanzata Ajla Tomljanović, anche lei tennista. “Ajla è stata fondamentale” – ha detto Berrettini – “La bolla di Wimbledon era molto restrittiva, per due settimane ho fatto hotel-circolo e circolo-hotel. Avere un affetto accanto, passare il poco tempo libero con la persona che ti è più cara, è decisivo. Da tennisti giramondo, non ci vediamo tutti i giorni: i tornei per noi sono un’occasione per stare insieme. Anche a Londra siamo entrati dentro la relazione a tutti gli effetti: durante Wimbledon abbiamo litigato, fatto pace, riso, discusso, scherzato. Non è facile. Però è importante”



Foto: LaPresse